Un ragazzo.

Ferruccio Laffi nasce a Rocca di Roffeno, frazione del comune di Castel d’Aiano (BO), il 26 maggio 1928 in una famiglia mezzadrile. E’ figlio di Clarice Donati e Giuseppe Laffi, reduce della prima guerra mondiale. Qui Ferruccio frequenta la scuola fino alla terza elementare. Nel novembre del 1937 da Rocca di Roffeno la famiglia si trasferisce a Monte Sole, in un podere in località Colulla di Sotto dove va ad abitare in una grande casa colonica. Ferruccio ha 9 anni e da questo momento inizia a fare il contadino. Colulla è un podere che rende e c’è lavoro per tutti. La produzione annuale di grano supera i 150 quintali e in pochi anni la famiglia Laffi sta abbastanza bene. A partire dal 1940, però, tre dei fratelli maggiori vengono chiamati alle armi e chi rimane a casa deve lavorare anche per loro, come fa Ferruccio. Nel 1944 ha 16 anni, ma lavora ormai come un uomo adulto. La sua famiglia è composta da 7 fratelli, di cui 3 partiti per la guerra, 2 cognate e 9 nipoti dai 13 anni ai 29 giorni, oltre ai genitori.

Il 30 settembre 1944 Ferruccio perde 14 familiari, compresi tutti i bambini, nel corso della più grande strage contro la popolazione civile commessa dai nazisti in Italia durante la seconda guerra mondiale. Lui si salva scappando nei boschi, in quanto era opinione comune che i tedeschi venissero a prelevare gli uomini abili al lavoro. Nei giorni successivi viene catturato e fatto prigioniero dagli stessi nazisti delle SS responsabili dell’eccidio di Monte Sole. Scampato al plotone di esecuzione, viene utilizzato come schiavo per alcuni mesi. Nel 1945, dopo la Liberazione, si trasferisce a Bologna dove va a vivere con suo fratello Vittorio, unico superstite oltre a lui di tutta la famiglia, in una casa senza gas e senza vetri alle finestre. Inizialmente si mantiene facendo il manovale per i primi lavori di ricostruzione del dopoguerra, poi lavora in un’azienda che produce mortadella. Nel 1947 viene assunto all’Officina Meccanica A.C.M.A. dove rimane per 35 anni a lavorare il ferro. Da contadino è diventato operaio. E poi operaio specializzato. In questo periodo suo fratello si sposa, lui va a vivere con loro e ci rimane per oltre 12 anni. Nel giugno del 1959 Ferruccio sposa Sara Pederzoli, il matrimonio dura 58 anni.

Dal 1968 alla fine degli anni ’70 sostiene le battaglie sindacali della categoria dei metalmeccanici e partecipa alle manifestazioni e agli scioperi per l’introduzione del contratto collettivo nazionale e aziendale, e per la riduzione delle ore lavorative. In questo periodo assiste all’escalation di violenza culminata nel ’77 con l’uccisione di Lorusso. Nel 1980 decide di tornare in montagna e prende casa a Marzabotto, dove vive tuttora. Un paio d’anni dopo va in pensione e si dedica con costanza a due passioni: la bicicletta e l’orto. Nel 2005 si costituisce parte civile, insieme ad altri superstiti e familiari delle vittime, nell’ambito del procedimento penale istruito dalla Procura Militare di La Spezia per individuare i responsabili dell’eccidio di Monte Sole. Il processo nasce in seguito alla scoperta presso la sede della Procura Militare di Roma di 695 fascicoli d’indagine sulle stragi nazifasciste in Italia. Tra 2006 e 2007 assiste alle 23 udienze dibattimentali, in alcune delle quali depone come testimone, e alla sentenza del 13 gennaio 2007. In seguito a quest’esperienza e rimasto di nuovo solo dopo la morte della moglie, da qualche anno Ferruccio riesce a condividere il suo dolore con i tanti ragazzi che vengono a visitare Monte Sole, i tanti amici che lo accompagnano in giro per l’Italia a incontrare gli studenti e i tanti altri che gli vogliono un bene profondo, pieno di gratitudine per la sua preziosa testimonianza.


Quando abbiamo incontrato Ferruccio

Posso dire di aver conosciuto Ferruccio attraverso l’insalata del suo orto. Mi spiego meglio. Una delle prime volte che ho visitato Monte Sole sono stata ospite presso la casa delle sorelle dell’Annunziata. Una sera sono rientrata tardi e a stomaco vuoto. Con mia grande sorpresa (e gioia) Suor Teresa aveva apparecchiato la tavola per me e tra le tante cose buone che ho mangiato c’era un’insalata speciale che mi è stato comunicato proveniva dall’orto di un signore di quasi novant’anni che spesso portava loro delle verdure. Quel signore era Ferruccio Laffi. Qualche mese dopo l’ho conosciuto di persona, ma il rapporto tra di noi non è cambiato: lui mi rifornisce di verdura, e anche di frutta. Mi invita a pranzo o a cena e tutto ha sempre un sapore speciale. Quando gli ho presentato Fabio il rapporto si è esteso anche a lui ed entrambi siamo stati introdotti agli strigoli e altre meraviglie a noi sconosciute. Più per non interrompere il rapporto che per altro, un po’ alla volta abbiamo portato avanti il nostro progetto audiovisivo.

Prima di iniziare le riprese, Ferruccio ci ha informato – e l’ha ripetuto varie volte nei giorni che abbiamo passato insieme – che lui è ignorante, non ha studiato e fa fatica a parlare. In quest’ordine. Nessuna di queste cose è stata riscontrata.